Cinquepiùdue, scolpire il pensiero

Opere fatte a mano per dare forma al significato delle cose.

Cinquepiùdue è un laboratorio artistico nel centro storico di Bevagna. Leonardo e Giulia ci guidano alla scoperta di uno spazio fuori dal comune, dove stimoli, visioni e percezioni danno vita a opere fatte a mano, vibranti, cariche di senso.

Ogni oggetto è la tappa finale di un percorso fatto di esplorazioni e sperimentazioni.
Legno, velluto, ceramica, pietra, corpi luminosi: la materia è la porta d’accesso privilegiata per arrivare al nucleo delle cose.

Leonardo, com’è nato il vostro laboratorio? Qual è l’idea o il sogno che c’è dietro?

Cinquepiùdue è nato dal nostro incontro in una montagna umbra nel 2010. Noi siamo Leonardo, artigiano e Giulia, artista. Per quasi due anni è stato un laboratorio di idee, uno scambio continuo di concetti e impressioni sui materiali e le tecniche. Le urgenze all’epoca erano comunicative, poi una sera ci serviva una luce mobile, volevamo liberare una lampadina dai fili, in modo da poterla portare a spasso per la stanza. Così è nata “heureka”, il nostro primo manufatto. Dentro, dietro, davanti e a fianco di Cinquepiùdue c’è la passione e l’ambizione di far aderire la vita quotidiana ai nostri sogni.

Cos’è l’ispirazione? Da dove nasce un’idea?

L’ispirazione, l’osservazione e la creazione sono momenti immersivi agganciati all’esperienza giornaliera. Per nostra indole amiamo le passeggiate nei boschi, le incursioni nella natura e il soffermarsi a guardare un tramonto. Lì vi troviamo materiali, colori, immagini, concetti che poi sublimiamo in oggetti.

Osservando il vostro lavoro si nota molta ricerca, quasi un dialogo con la materia.

È vero. Dialogo e materia sono delle bellissime parole che ben rappresentano il nostro approccio. Il dialogo con la materia è essenziale per trovare un onesto equilibrio tra le mani e la testa, in un atto di creazione che agisce sulle materie per esaltarne le caratteristiche.

Cosa vi affascina di più durante il processo di creazione dei vostri manufatti?

Siamo mossi dall’idea di dare forma ai pensieri che ci scambiamo. Si respira un’aria strana in laboratorio e a casa quando sta nascendo un nuovo progetto. Un frullato di frenesia e effervescenza che ci elettrizza, ci emoziona ed è il propulsore di nuove ricerche.

Giulia, cosa si prova a creare qualcosa con le proprie mani?

È una sensazione piena, potente. Difficile da descrivere. Posso provare a rispondere con un’esperienza, quella che si prova ad avere qualcosa di plasmabile tra le mani, diciamo dell’argilla. In questa epifania si prova quella sensazione che è un misto di onnipotenza e collaborazione con la materia che dà viva risposta ai nostri gesti.

Dai vostri lavori emergono concetti, allusioni, metafore, simboli. Cosa conta di più: i materiali, la lavorazione manuale o il concetto che c’è dietro?

Attraverso il nostro lavoro tentiamo continuamente di trovare un equilibrio tra queste tre cose che hanno per noi pari importanza. A volte partiamo da una materia o una lavorazione ma non prescindiamo mai da concetti, simboli, allusioni e metafore che ci accompagnano nelle fasi di ricerca e studio artigianale, artistico, storico e antropologico.

Oggetti plasmabili tra le mani, ricerca e artigianalità

Qual è il minimo comun denominatore dei vostri manufatti? C’è un messaggio di fondo che cercate di trasmettere sempre?

Viviamo un momento storico in cui tanto è superfluo. La nostra è una ricerca poetica, cerchiamo quel significato profondo degli oggetti, esploriamo quel “qualcosa che non c’è” per manifestarlo dentro ai nostri manufatti.

Vi sentite legati all’Umbria? In che modo?

La tradizione è per noi fonte di ispirazione e propulsione verso sviluppi e sguardi più ampi. L’Umbria, patria nativa per il cinque ed eletta per il due, e la terra su cui ci siamo incontrati. C’è molto di questa terra nei nostri lavori. C’è la luce, la libertà, la naturalità dei gesti, l’inebriante esplosione di vegetazione, il calore dell’incontro e delle radici vere, ruspanti, veraci. Ci sono i materiali, l’esplorazione, il mistico trasferito nel manufatto attraverso l’energia del gesto.

In base alla vostra personale esperienza, cosa vuol dire fare innovazione? E quanto è difficile farla in Italia oggi? Perché?

È una questione assai delicata oggi. Ci sono molti concetti che concorrono a disegnare l’innovazione. Non si tratta solo di ricerca e evoluzione rispetto alla produzione o progettazione ma anche di valutare l’impronta produttiva e di consumo dei nostri progetti. La nostra ambizione è sempre quella di innovare, si tratti di tradizione, tecnica e tecnologia legata ai materiali o di ricercare nuove prospettive poetiche. Siamo fortunati perché, nonostante le difficoltà, lo possiamo fare anche in questa poco tutelata dimensione artigianale italiana.

Leonardo, che ne pensi del rapporto tra artigiano e tecnologia?

Artigianato e tecnologia sono sempre andati di pari passo, o meglio: la tecnologia si è sempre ingegnata a favore di arte e artigianato. Per questo siamo convinti che l’artigianato non morirà, anzi la tecnologia servirà ad ampliare le competenze e permetterà di abbattere limiti delle materie e di evolvere le tradizioni.

Iniziative interessanti per il futuro?

Tante idee, per fortuna. Ci piacerebbe riuscire, come vorremmo da anni, ad attivare una collaborazione con uno scultore che lavora con la fusione. La stampa 3D rimane un grande desiderio che forse riusciremo a esaudire. Esplorare infatti le materie ceramiche liberandole dagli stampi, quindi dai sottosquadri, ci sembra davvero una bella possibilità. Abbiamo in cantiere delle trasferte a Ravenna, Treviso e Trento.

La visita al laboratorio nel centro storico di Bevagna si conclude e Made in Italy Lab ringrazia Leonardo Bastianelli e Giulia Filippi per l’interessante scambio di idee.

Cinquepiùdue
http://www.cinquepiudue.com
Corso Amendola, 39
Bevagna (PG)
Umbria


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